Con la sentenza 20887, depositata oggi dalla Terza sezione civile, la Suprema Corte ha infatti respinto il ricorso con il quale l'Ime contestava la condanna a risarcire Del Piero inflittagli dalla Corte di Appello di Ancona nel 2011, con una decisione conforme a quella emessa in primo grado dal Tribunale di Ancona nel 2005. I giudici di merito avevano accolto la domanda risarcitoria avanzata dal 'Pinturicchio', il nome con il quale Gianni Agnelli aveva 'ribattezzato' il calciatore, erede di Roberto Baggio 'Raffaello'. Nel giugno del 2000 su due quotidiani nazionali era comparsa una campagna pubblicitaria promossa dall'Ime in concomitanza con quella della Cepu. La pubblicità in questione - riassume la Cassazione - "raffigurava due personaggi su un campo di calcio, di cui uno identificabile in Del Piero: il testo di apertura del messaggio pubblicitario recitava 'Alex 0, Luigi 8, Luigi è iscritto allo stesso anno di Alex e nella stessa facoltà. Alex non ha dato nessun esame, Luigi nello stesso anno ne ha superati otto. Luigi è uno studente Ime, Alex no'". Per essere stato usato come 'testimonial' senza aver dato il consenso, e senza aver percepito alcun compenso, Del Piero si era rivolto alla magistratura. L'Ime si difese sostenendo "la non indispensabilità del consenso trattandosi di pubblicità comparativa", e a sua volta contrattaccava chiedendo che fosse Del Piero a risarcirgli i danni dal momento che "nella sua qualità di testimonial Cepu aveva fatto credere di essere iscritto all'università, ingenerando confusione tra i consumatori e sottraendo fette di mercato all'Istituto multidisciplinare europeo". Ma questa linea difensiva non ha convinto i magistrati abruzzesi. Sperando in un miglior risultato, l'Ime si è rivolta alla Cassazione sottolineando che la sua pubblicità "era di tipo comparativo e quindi l'utilizzo dell'immagine di Del Piero sarebbe avvenuta in un contesto lecito e non ha prodotto alcun danno, nè patrimoniale nè non patrimoniale". Dunque, secondo l'Ime, era sbagliato aver attribuito all'ex numero dieci bianconero il diritto a ottenere "il prezzo corrispondente al compenso che avrebbe presumibilmente richiesto per dare il consenso alla pubblicità". L'Ime, inoltre, ha insistito nel sostenere che Del Piero aveva commesso "concorrenza sleale" accettando di fare da testimonial "per una società di preparazione agli esami universitari, dichiarando di affrontare l'università grazie all'ausilio della Cepu, ben consapevole del fatto che non avesse il tempo materiale o la volontà di iscriversi ad alcuna università". A questa obiezione la Cassazione non ha dato risposta perchè ha ritenuto che, comunque, l'Ime avesse oltrepassato i limiti entro i quali condurre "una legittima pubblicità comparativa" in base alle norme che la regolamentano. Oltre a dover risarcire profumatamente Del Piero, l'Ime è stata condannata anche a pagare 10.500 euro di spese legali. (ANSA). |
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